Benessereblog Salute Cos’è la sindrome di Stendhal e quali sono i sintomi?

Cos’è la sindrome di Stendhal e quali sono i sintomi?

La sindrome di Stendhal colpisce i viaggiatori stranieri davanti alla bellezza di un'opera d'arte. I sintomi assomigliano a quelli di un attacco di panico e si possono curare con una terapia farmacologica

Cos’è la sindrome di Stendhal e quali sono i sintomi?

La sindrome di Stendhal è un disturbo psicosomatico, abbastanza raro, considerato un malanno tipico dei viaggiatori e delle persone molto sensibili. Prende il nome dallo scrittore francese Stendhal, che probabilmente si accorse per primo di essere stato colto da questa sindrome, ben descritta nel suo libro Napoli e Firenze: un viaggio da Milano a Reggio. In linea di massima, i sintomi più comuni sono le allucinazioni, gli svenimenti, la tachicardia e le vertigini.

È molto simile a un attacco di panico. Questa malattia da molti è conosciuta come Sindrome di Firenze, perché le diagnosi certificate maggiori sono state proprio fatte in questa città italiana: un dato davvero curioso. Inoltre, i sintomi che abbiamo prima elencato sembrano cogliere le persone affette da questa sindrome nei luoghi e nelle città d’arte, proprio come la bella Firenze.

Il viaggiatore davanti alla bellezza di un’opera, non sa gestire la grande emozione e si sente cogliere da un malore. La prima a descrivere a livello medico questa sindrome, fu nel 1989 la psichiatra Graziella Magherini che ricoverò più di 100 turisti stranieri (ovviamente in visita nella capitale del Rinascimento) all’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze in 10 anni. La sindrome non colpisce gli italiani, abituati – probabilmente – alle grandiose bellezze del nostro Paese.

È possibile curare la sindrome di Stendhal? Ovviamente negli anni è stata sviluppata una terapia. Per tanti anni si è polemizzato sulla reale esistenza di questo disturbo, ma oggi il mondo scientifico, e nello specifico quello psichiatrico, ha accettato questa malattia, che si cura con antidepressivi e/o antipsicotici, e nei casi più gravi richiede l’ospedalizzazione. In linea di massima, si consiglia un po’ di psicoterapia.

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