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ICTUS, questo falso mito può ucciderti: l’agghiacciante verità che nessuno conosce

Falsi miti ictusFalsi miti ictus - (benessereblog.it)

In occasione della Giornata mondiale contro l’ictus, esperti chiariscono rischi, sintomi e prevenzione, sfatando credenze diffuse

In occasione della Giornata mondiale contro l’ictus, che si è celebrata il 29 ottobre, è fondamentale fare chiarezza su questa grave emergenza sanitaria che continua a colpire milioni di persone in tutto il mondo. Negli ultimi anni, numerosi studi hanno messo in evidenza come l’ictus non sia una malattia esclusivamente degli anziani, ma una patologia che può interessare fasce d’età sempre più giovani, complici fattori di rischio ormai diffusi nella popolazione.

In questo contesto, il Dott. Rajiv Padmanabhan, esperto in neurologia presso Baystate Health, ha recentemente sfatato alcuni dei miti più diffusi sull’ictus, fornendo un quadro aggiornato e basato sulle evidenze scientifiche.

Ictus: sfatati i miti più comuni

Il primo mito da sfatare è che l’ictus colpisca solo gli anziani. Contrariamente a quanto si crede, patologie come ipertensione arteriosa, diabete e ipercolesterolemia, che rappresentano i principali fattori di rischio per l’ictus, stanno diventando sempre più frequenti anche tra i giovani. Questo cambiamento epidemiologico è dovuto principalmente a stili di vita poco salutari, sedentarietà e un’alimentazione non equilibrata.

Bevande energetiche e ictus

Ictus e bevande energetiche: i miti da sfatare – (benessereblog.it)

Un altro falso mito riguarda la prevenzione. Molti pensano che non sia possibile prevenire un ictus, ma la realtà è ben diversa. Come spiega il Dott. Padmanabhan, “la gestione di fattori come la pressione alta, il controllo del colesterolo, la riduzione del consumo di alcol e la cura del diabete sono fondamentali per abbassare il rischio”. Questi fattori possono essere affrontati sia attraverso cambiamenti nello stile di vita – come una dieta equilibrata, attività fisica regolare e smettere di fumare – sia con l’ausilio di farmaci specifici quando necessario.

Tra i miti più pericolosi c’è anche la convinzione che l’assunzione di vitamine possa prevenire l’ictus. Alcuni pensano che integratori di vitamine del gruppo B (B6, B12) e acido folico possano aiutare a ridurre i livelli di omocisteina, un aminoacido associato a un maggiore rischio cardiovascolare. Tuttavia, le evidenze scientifiche attuali non supportano questa teoria. L’assunzione di dosi elevate di vitamine non si è dimostrata efficace nel prevenire l’ictus o nel ridurre i livelli di omocisteina in modo significativo.

Un altro aspetto cruciale riguarda il riconoscimento tempestivo dei sintomi. Spesso si pensa che sia difficile individuare i segnali di un ictus, ma i segni più comuni sono ben noti e facili da identificare: abbassamento di un lato del viso, debolezza o intorpidimento di un arto e difficoltà nel linguaggio. La rapidità nel riconoscere questi segnali può fare la differenza tra la vita e la morte, poiché l’intervento medico precoce è decisivo per limitare i danni cerebrali.

Un altro mito frequente è che non esista una cura per l’ictus. In realtà, i progressi della medicina hanno reso disponibili diversi trattamenti efficaci. Per alcuni pazienti è necessario un intervento chirurgico, mentre per altri sono disponibili terapie farmacologiche mirate. La tempestività nell’accesso alle cure è il fattore chiave per migliorare le possibilità di recupero.

Inoltre, è importante sfatare l’idea che l’aspirina sia sempre un trattamento sicuro in caso di ictus. Se l’ictus è causato da un’emorragia cerebrale, l’assunzione di aspirina può aggravare la situazione. Per questo motivo, se si sospetta un ictus, la cosa migliore è evitare di somministrare farmaci autonomamente e portare immediatamente la persona colpita in ospedale.

Infine, il consumo di bevande energetiche è spesso indicato come possibile causa di ictus, ma bisogna fare chiarezza. Bere una bevanda energetica occasionalmente non comporta un rischio diretto di ictus, anche se un consumo eccessivo e frequente, soprattutto in presenza di altri fattori di rischio, può contribuire a complicazioni cardiovascolari.

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