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Una pillola contro il razzismo per vincere la paura dell’altro

Più facile aprire l'armadietto dei medicinali che aprire la mente...

Una pillola contro il razzismo per vincere la paura dell’altro


La paura ci difende dai pericoli, scatenando reazioni di difesa istintive e primordiali. Ci spaventiamo di quello che conosciamo come pericoloso perché abbiamo memoria di brutte esperienze, ad esempio un bambino che si scotta avvicinandosi troppo alla fiamma imparerà a temere il fuoco. E poi c’è un altro tipo di paura, quella che deriva dall’ignoranza. Temiamo quello che non conosciamo, quello di cui non abbiamo esperienza, il diverso, l’altro.

Se non abbiamo una conoscenza diretta di una cultura, di un popolo, di un contesto sociale, il primo approccio è quasi necessariamente veicolato da stereotipi e pregiudizi. Negativi o positivi che siano, si fondano su generalizzazioni e su caratteristiche individuali applicate a gruppi eterogenei di persone. Pensiamo alle etichette applicate ad interi popoli.

Il razzismo si combatte favorendo l’integrazione, il multiculturalismo, la conoscenza, la valorizzazione delle diversità. Tutte le emozioni che proviamo, dalla paura alla felicità, sono veicolate da reazioni chimiche, legate ad ormoni e neurotrasmettitori. Dalla serotonina all’adrenalina al cortisolo. Bloccando o favorendo la produzione di queste sostanze si può in qualche modo manipolare l’umore e la percezione della realtà. E probabilmente anche la visione dell’altro, del diverso.

Ci prova un’équipe di ricercatori della Oxford University, utilizzando un farmaco beta-bloccante, il propanolo, che sopprime la paura. Sylvia Terbeck, psicologa prima firma dello studio, riconduce gli atteggiamenti razzisti proprio alla paura. Il propanolo è un farmaco utilizzato per placare i dolori al petto e rallentare la frequenza cardiaca. Il farmaco è stato sperimentato con successo contro il razzismo. Chi lo ha assunto ha infatti rivelato atteggiamenti meno ostili nei confronti di culture diverse rispetto a chi ha ricevuto un placebo.

Esperimenti del genere non sono nuovi. Ricordano quelli condotti con lo spray all’ossitocina, per combattere la timidezza o per renderci più gentili. In futuro prenderemo una pillola per migliorare le relazioni interpersonali e magari prima di un viaggio per tenere la mente ben aperta, sgombra dai pregiudizi. Daremo una pillola a nostro figlio quando manifesterà atteggiamenti razzisti o farà il bullo. E questo apre non pochi interrogativi sull’incapacità di liberare la nostra mente dagli stereotipi attraverso la conoscenza, che resta uno dei pochi rimedi efficaci contro i pregiudizi e la paura. Più facile aprire l’armadietto dei medicinali che aprire la mente…

Foto | Flickr

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