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Supermarket della natura: una riflessione

Partiamo da un presupposto: dietro ognuna delle grandi catene del mangiare naturale c’è una “ratio”, ovvero una filosofia di fondo che influisce sulla scelta dei prodotti da proporre al pubblico, sul modo in cui essi sono disposti all’interno degli spazi, sull’allestimento degli ambienti.Ci si aspetterebbe insomma che la logica, la “ratio” dietro i supermarket del […]

Supermarket della natura: una riflessione

Partiamo da un presupposto: dietro ognuna delle grandi catene del mangiare naturale c’è una “ratio”, ovvero una filosofia di fondo che influisce sulla scelta dei prodotti da proporre al pubblico, sul modo in cui essi sono disposti all’interno degli spazi, sull’allestimento degli ambienti.

Ci si aspetterebbe insomma che la logica, la “ratio” dietro i supermarket del bio, sia coerente con se stessa, ovvero il tratto distintivo di queste catene non dovrebbe contraddire se stesso.

Quindi:

– ad un primo livello ci si aspetta che queste catene propongano prodotti biologici, integrali, che non contengano sostanze dannose per la salute.

– ad un secondo livello (che è solo una “specificazione” del primo) ci si aspetta di trovare prodotti integrali, ovvero non lavorati, non raffinati, poichè è noto, secondo i più comuni studi scientifici sull’alimentazione, che la raffinazione e la lavorazione dei prodotti ne compromette le qualità nutrizionali e li rende meno salutari.

Purtroppo, però, mentre il primo livello viene rispettato (in modo regolarmente certificato da istituti di controllo i cui parametri sono spiegati al pubblico), è necessario essere consapevoli che il secondo non sempre lo è. Fate questa verifica, come l’ho fatta io. Ecco qualche esempio:

1) Negli scaffali dei prodotti da colazione, troviamo ad esempio merendine e dolcetti prodotti senza l’utilizzo di farine raffinate, ma accanto ad essi, è preponderante la presenza di cereali in fiocchi (questo tipo di lavorazione, fra le altre cose, ne alza l’indice glicemico).

2) Passiamo al reparto cereali, che sostituiscono la presenza della classica pasta (ma anche sul “bando” di quest’ultimo prodotto forse si potrebbe discutere). Però perchè sono preponderanti i cereali decorticati (cioò non integrali) rispetto a quelli integri? E’ una “rivoluzione” a metà.

3) Si potrebbe continuare con i prodotti surgelati. Abbiamo patatine e “panatine” fatte magari di tempeh o seitan: ma la filosofia è la stessa (alcuni potrebbero richiedere una frittura).

4) Questione contenitori: perchè si scelgono aziende fornitrici che usano (nella stragrande maggioranza dei casi) la plastica (che in alcuni casi può essere dannosa, trasmettendo alcune sostanze agli alimenti), e non la carta?

Insomma, non tutto è da criticare, certo (poter comprare frutta e verdura senza pesticidi è una benedizione), ma sarebbe bello che i clienti accedessero a queste catene in franchising ben preparati e attenti a non “abbassare la guardia” nella scelta di acquisto solo perchè si sentono “tutelati” da marchi colorati e in “verde”.

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