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Cos’è la nutrizione parenterale

La nutrizione parenterale è una forma di alimentazione che viene fornita direttamente nelle vene del paziente attraverso una soluzione di nutrienti. Questa tecnica viene utilizzata quando il tratto gastrointestinale del paziente non è in grado di assorbire adeguatamente le sostanze nutritive necessarie per mantenere la salute e il benessere. La soluzione viene somministrata attraverso un catetere venoso centrale o periferico. Approfondiamone i tipi e le complicanze.

Cos’è la nutrizione parenterale

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La nutrizione parenterale è una forma di alimentazione che viene somministrata direttamente nelle vene piuttosto che attraverso il tratto digestivo. Questa tecnica viene utilizzata quando il tratto gastrointestinale non è in grado di assorbire adeguatamente i nutrienti necessari per sostenere le funzioni vitali del corpo. Può essere somministrata tramite un catetere venoso centrale, che viene inserito in una grande vena nel torace, o tramite un catetere periferico, che viene inserito in una vena del braccio o della mano. Quanto può durare, e quali sono le complicanze della nutrizione parenterale? Approfondiamo l’argomento.

Nutrizione parenterale, cos’è

Volendo sintetizzare il concetto, così come riportato su Wikipedia, “la nutrizione parenterale consiste nella somministrazione di nutrienti direttamente per via venosa, scavalcando l’apparato digerente”. Consiste nella infusione di soluzioni nutrizionali direttamente nel sangue attraverso un vaso venoso periferico o centrale, mediante l’utilizzo di un tubicino il cui nome è catetere venoso. La nutrizione artificiale, così come l’idratazione, sono considerati trattamenti sanitari in quanto somministrati su prescrizione medica e mediante dispositivi medici. A stabilirlo è stata le legge 219/2017.

La nutrizione parenterale permette di fornire tutti i macronutrienti già digeriti: è un trattamento di grande utilità in diverse situazioni per sostenere le funzioni vitali del corpo. Ma, al contempo, è una pratica dispendiosa che può esporre il paziente a complicanze anche gravi. Non vi si ricorre in maniera incondizionata, ma solo ove strettamente necessario.

Cos'è la nutrizione parenterale
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Quando si usa l’alimentazione parenterale

Non è semplice stabilire in maniera analitica ogni singolo caso nel quale sia consigliabile ricorrere alla nutrizione parenterale. Tuttavia, essendo spesso compresa tra le cure palliative dei pazienti affetti da malattie oncologiche, è destinata prevalentemente, anche se non esclusivamente, ai malati di cancro. A partire dal 1995, la SINPE (Società Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale) ha editato le “Linee Guida per l’impiego della Nutrizione parenterale ed enterale nei pazienti adulti ospedalizzati”. In base a quanto da queste previste, l’alimentazione per via venosa dovrebbe essere utilizzata solo se vi è un’inadeguata funzione intestinale, vale a dire l’impossibilità di somministrare almeno il 50% delle calorie necessarie per via enterale. Le stesse Linee Guida stabiliscono che si ricorra alla NP per “una minoranza di pazienti quasi esclusivamente nell’area critica o nei pazienti chirurgici con insufficienza anatomo-funzionale dell’intestino”.

Può essere utilizzata come terapia di supporto per pazienti con malattie che limitano la loro capacità di nutrirsi attraverso il tratto gastrointestinale, come la malattia di Crohn, e più in generale quando il transito intestinale è compromesso a causa di un’occlusione o una subocclusione cronica di origine meccanica, o quando la funzione assorbente è gravemente ridotta a causa di patologie intestinali o estese resezioni chirurgiche. Infine, in pazienti con fistole digiunali o ileali ad alta portata. E’ bene specificare come la nutrizione parenterale sia sempre somministrata sotto la supervisione di un medico specializzato e che richiede un costante monitoraggio per prevenire possibili rischi e/o complicazioni.

Alzheimer

Cosa dire, invece, della nutrizione parenterale in caso di Alzheimer? Se il rifiuto del cibo da parte del paziente si prolunga per diversi giorni sarà il medico a stabilire se prescrivere integratori alimentari o suggerire una delle modalità di nutrizione artificiale.

Fine vita

A suscitare non poche incertezze e dubbi etici è la nutrizione parenterale in caso di fine vita. In casi come questo, decidere se alimentare il paziente in nome del suo diritto a mangiare o bere, oppure interrompere l’apporto alimentare per non prolungare inutilmente il processo di morte, è un argomento delicato che deve essere analizzato caso per caso.

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Nutrizione parenterale, prodotti

La nutrizione parenterale fornisce nutrienti liquidi, inclusi carboidrati, proteine, grassi, vitamine, minerali ed elettroliti. Solitamente si tratta di prodotti che prevedono formulazioni chimiche con variazioni standard che possono essere personalizzate in base alle specifiche esigenze nutrizionali del paziente. In genere, include quantità diverse dei nutrienti essenziali dei quali il corpo ha bisogno. E’ sufficientemente completa da sostituire l’alimentazione orale per il tempo necessario.

Come funziona la nutrizionale parenterale

La NP può essere parziale, ovvero somministrata per integrare altri tipi di alimentazione, o totale, quando si pone come una nutrizione completa somministrata per via endovenosa a persone che non possono usufruire del proprio sistema digestivo. Può essere somministrata, come anticipato in apertura, attraverso un catetere venoso periferico (CVP) o un catetere venoso centrale (CVC).

Il CVP viene sfruttato per l’alimentazione parenterale a breve termine, viene inserito in una vena del braccio, e le soluzioni nutrienti vengono infuse attraverso il catetere. Tuttavia, se l’alimentazione parenterale dovesse prolungarsi per un tempo indeterminato, il CVC diventa necessario. Quest’ultimo viene inserito in una vena più grande, solitamente la vena cava superiore situata sotto la clavicola, che va direttamente al cuore e che permette, essendo più grande, di fornire concentrazioni più elevate di nutrizione con calorie più elevate. Qui può rimanere in posizione per un periodo di tempo prolungato permettendo di somministrare le soluzioni senza danneggiare la parete venosa.

Per quanto tempo

Quanto può durare la nutrizione parenterale? Questo dipende da diversi fattori. Ovvero se si tratta di nutrizione parenterale totale o integrata alla via enterale, se deve essere effettuata per un tempo determinato o indeterminato, se sia domiciliare o ospedaliera. In via generale, basti sapere che, attraverso vena periferica, viene generalmente utilizzata per terapie nutrizionali di durata compresa tra i 10 e i 30 giorni. In questo caso è generalmente di uso ospedaliero in quanto si adatta male alle esigenze domiciliari, legate spesso a condizioni di cronicità.

Nutrizione parenterale in ospedale

In ospedale, vi si ricorre per le condizioni che abbiano specificato qualche paragrafo più su. In particolare, risulta adatta ai pazienti in terapia intensiva o sottoposti ad un intervento chirurgico. Nei pazienti sottoposti a NPT periodicamente dovrebbero essere verificati eventuali recuperi della funzionalità intestinale in modo da poter tornare il prima possibile alla nutrizione naturale.

Nutrizione parenterale domiciliare

La nutrizione per via parenterale domiciliare si rende necessaria quando l’alimentazione per os non è possibile o non è sufficiente a coprire le necessità individuali e non si può ricorrere alla nutrizione enterale. Non è adatta a qualsiasi contesto domestico, è necessario che soddisfi alcuni criteri accertati dal personale sanitario. E che vi sia la partecipazione attiva del paziente e del suo nucleo familiare.

Alimentazione parenterale, complicanze

Un cenno meritano gli effetti collaterali della nutrizione parentale. Trattandosi di una soluzione nutriente, sulla NP si possono facilmente sviluppare dei microrganismi. Per questo, il rischio di contaminazione è molto altro. Per evitare che ciò accada, le sacche per nutrizione parenterale non dovrebbero essere conservate a temperatura ambiente, né dovrebbero essere congelate. Un altro rischio riguarda eventuali complicazioni meccaniche legate alla tecnica di inserimento come emotorace e pneumotorace, a trombosi dovute alla cattiva scelta della vena e alla gestione del catetere (è possibile che si verifichi un’occlusione).

Ancora, non è impossibile che si verifichi l’inquinamento della linea infusionale e che questo possa provocare delle flebiti. Infine, da valutare è anche una velocità errata della somministrazione che, se eccessiva, può causare un sovraccarico circolatorio, con una quantità di lipidi in circolo che, per la sua portata, potrebbe non essere correttamente metabolizzata. In caso di nutrizione parentelare, le feci possono essere più o meno liquide a seconda del prodotto utilizzato.

Nutrizione enterale e parenterale: differenza

A seconda delle esigenze, la nutrizione artificiale può essere venosa o digestiva. Quando la somministrazione dei nutrienti avviene per via venosa si parla, come abbiamo visto, di nutrizione artificiale parenterale. La nutrizione enterale avviene invece quando le sostanze nutritive vengono somministrate per via digestiva attraverso un’apertura chirurgica o una sonda che arriva direttamente nello stomaco del paziente.

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