
Le pillole per la memoria sono finite sotto la lente di ingrandimento dei ricercatori del St. Michel’s Hospital di Toronto, che hanno scoperto che questi prodotti non garantiscono effetti a lungo termine in caso di deficit cognitivi lievi. E non è tutto. Le controindicazioni prevalgono sui benefici. I risultati, decisamente sorprendenti e destinati a rivoluzionare il mercato, sono stati pubblicati dal Canadian Medical Association Journal.
Lo studio ha paragonato le ricerche svolte su otto medicinali (tra cui donepezil, rivastigmina, galantamina e memantina) e un placebo. Che cosa è emerso? A breve termine ci sono state ottime reazioni, ma purtroppo a lungo termine, ovvero dopo 18 mesi di osservazione, i risultati non sono stati soddisfacenti.
Il dato da cui sono partiti per sviluppare questo studio è la necessità di avere una terapia che serva a contrastare l’insorgere di malattie come la demenza e l’Alzheimer, perché ci sono 4,6 milioni di persone nel mondo con deficit cognitivi e che ogni anno dal 3 al 17% tendono ad ammalarsi. Qual è il problema? Secondo i ricercatori canadesi, questi farmaci a lungo termine non portano l’effetto desiderato, mentre sono molto diffusi gli effetti collaterali come nausea, diarrea, vomito e mal di testa. Gli stessi studiosi, che hanno firmato l’attuale analisi, pochi mesi fa avevano dimostrato che alcuni farmaci, a base di erbe e vitamine, non servono a prevenire il declino negli anziani.
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