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Gravidanza, con la celocentesi la sindrome di Down si scoprirà al secondo mese

E' un esame invasivo, ma meno rischioso di amnio e villocentesi. Ecco quali sono le prospettive

Gravidanza, con la celocentesi la sindrome di Down si scoprirà al secondo mese

I metodi diagnostici per l’identificazione precoce della sindrome di Down potrebbero presto giungere a un’importante svolta. A Palermo, infatti, la Fondazione Cutino, insieme agli esperti dell’Azienda Ospedaliera “Vincenzo Cervello” guidati da Aurelio Maggio, direttore della Divisione di Ematologia II presso il Campus di Ematologia “Franco e Piera Cutino”, hanno messo a punto una nuova tecnica, la celocentesi, che potrebbe permettere di identificare questa condizione già durante il secondo mese di gravidanza.

Fino ad oggi l’uso della celocentesi è stato sviluppato per la diagnosi di una malattia rara, la talassemia. I risultati dello studio clinico condotto per verificarne l’affidabilità sono stati ottimi. Conclusosi nel 2010, è durato ben 3 anni ed è stato utilizzato per verificare la presenza della talassemia in 111 gravidanze a rischio. Ad oggi il numero di diagnosi precoci di talassemia rese possibili da questa tecnica sono ben 232 ed è stato dimostrato che la celocentesi può fornire responsi certi nel 100% dei casi già al secondo mese di gravidanza.

Oggi il progetto “Sistema di purificazione di cellule fetali per indagini prenatali precoci” mira a portare questa tecnica proprio nell’ambito della diagnosi delle patologie cromosomiche, prima fra tutte la sindrome di Down. I vantaggi rispetto alle altre metodiche di efficacia comprovata attualmente utilizzate sarebbero notevoli. Infatti il prelievo necessario per effettuare il test non richiede, com’è invece obbligatorio nel caso di amniocentesi e villocentesi, di infilare un ago nel pancione e di perforare sacco amniotico e placenta, con conseguente riduzione dei rischi per il feto.

Non solo, come spiega Maggio

anticipare i risultati al 2° mese consente di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza e non all’aborto terapeutico, con un beneficio per la donna sia fisico che emotivo.

Ma l’aborto

sottolinea Maggio

non è la sola prospettiva. La diagnosi così precoce apre la strada a interventi terapeutici in utero. Questa è la direzione verso cui lavoriamo.

In cosa consiste la celocentesi e dove è disponibile in Italia

La celocentesi permette di isolare le cellule embrionali dal cosiddetto liquido celomatico, il fluido che nelle fasi precoci della gravidanza in cui viene condotto il test riempie la cavità che circonda il sacco amniotico (detta, appunto, celoma). Dato che tra la settima e la nona settimana di gestazione il celoma contiene il sacco vitellino (struttura nella quale è presente il “midollo osseo” dell’embrione), è sufficiente prelevare poche gocce di liquido celomatico per avere a disposizione cellule provenienti proprio dal sacco vitellino, corrispondenti a globuli rossi immaturi appartenenti all’embrione.

La celocentesi è considerata un esame invasivo, ma l’ago utilizzato per il prelievo viene inserito per via transvaginale, senza bisogno di bucare pancione e sacco amniotico, il tutto sotto monitoraggio ecografico.

Attualmente la tecnica è disponibile solo a Palermo presso la divisione di Ematologia II diretta da Maggio. Non è però ancora possibile utilizzarla per la diagnosi della sindrome di Down. Chi volesse affidarsi a questa metodologia perché a rischio di avere un figlio affetto da beta-talassemia (più comunemente nota come anemia mediterranea) può invece già rivolgersi alla struttura chiamando dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 13:00 il numero 091.6802770 o attraverso l’indirizzo di posta elettronica celocentesi@pieracutino.it.

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Via | Comunicato stampa

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