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Giornata Mondiale contro l’Aids, l’Italia è ancora a rischio HIV

Poca informazione e scarsa diagnosi precoce non fermano il virus dell'immunodeficienza. L'appello Lila per una maggiore prevenzione

Giornata Mondiale contro l’Aids, l’Italia è ancora a rischio HIV

Come ogni anno, anche nel 2012 il 1° dicembre è la Giornata Mondiale contro l’AIDS. Una giornata dedicata alla sensibilizzazione riguardo a una tematica che non dovrebbe più essere un tabù, di un’infezione, quella da HIV, che non dovrebbe più essere stigmatizzante e di un virus che dovrebbe avere sempre meno possibilità di infettare nuovi individui, se non altro per le chiare indicazioni su come sia possibile evitare l’infezione.

La realtà dei fatti è, però, diversa. Anche se gli ultimi dati di Unaids, programma delle Nazioni Unite su HIV/AIDS, dimostrano una riduzione del 50% del tasso di nuove infezioni rilevate in ben 25 Paesi a basso e medio reddito e una diminuzioni dei decessi a seguito dell’entrata in contatto con il virus pari al 25% rispetto al 2005, i sieropositivi sono ancora 34 milioni. Fra questi, 3,3 milioni sono bambini. Non solo, ogni anno vengono registrate 2,5 milioni di nuove infezioni e 1,7 milioni di persone muoiono a causa dell’HIV. Insomma, è ancora questa l’infezione che miete più vittime nel mondo.

In Italia i sieropositivi sono 150 mila, di cui un terzo donne e quasi tutti adulti. Ogni anno i nuovi casi sono circa 4 mila, la maggior parte delle volte dovuti a rapporti sessuali non protetti di cui, ancora oggi e nonostante le numerose campagne informative, non vengono ancora percepiti i rischi. A sorpresa, non sono i giovani ad essere i più imprudenti da questo punto di vista, ma le persone in età matura.

Non solo, nel 2011 sono stati il 56,4% i pazienti che hanno scoperto di essere stati infettati dall’HIV molto tempo prima. Secondo la Lila (la lega italiana per la lotta contro l’Aids)

diagnosi tardiva non significa solo “non aver fatto il test”. Significa scarsa o errata percezione del rischio, e quindi mancata prevenzione, significa avere informazioni insufficienti su una patologia che può essere evitata semplicemente: con l’uso del preservativo.

Un dato particolarmente allarmante è quello della diagnosi in gravidanza, che corrisponde al 3% dei casi. A ciò si aggiunge la trasmissione del virus da madre a figlio proprio durante la gestazione, responsabile di 30 nuovi casi in due anni.

E’ da questi dati che nasce l’appello della Lila:

Ci chiediamo quando verrà il giorno in cui l’Italia si impegnerà a tutelare la salute dei suoi cittadini, rivolgendosi a giovani, donne, omosessuali con un linguaggio idoneo e senza pruriti.

Quando la prevenzione verrà considerata per quello che è, ovvero accesso a informazioni e preservativi per tutti.

Quando parlerà in maniera diretta alle popolazioni più vulnerabili invece di promuovere messaggi e azioni fumosi, per niente mirati, incompleti, paternalisti, ipocriti.

Quando affronterà pubblicamente i temi discriminazione e stigma, che colpiscono le persone sieropositive e l’intera popolazione scoraggiando il ricorso a test e prevenzione.

Quando, in tempi di spending review, capirà che un’infezione evitata fa risparmiare non solo sofferenze, ma anche denaro.

Quando?

Via | Lila
Foto | Flickr

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