
I ricercatori della Penn State University hanno recentemente pubblicato uno studio su The American Journal of Clinical Nutrition, che evidenzia l’importanza di un adeguato apporto di vitamina D durante il primo trimestre di gravidanza. Questa ricerca, come riportato da U.S. News il 6 febbraio 2025, suggerisce che livelli adeguati di questa vitamina possono ridurre il rischio di parto prematuro e contribuire a una crescita fetale ottimale. Il lavoro scientifico sottolinea come la nutrizione materna fin dalle prime fasi della gestazione possa avere un impatto significativo sulla salute del neonato.
Ruolo della vitamina d nella gravidanza
La vitamina D, comunemente nota come la “vitamina del sole”, è fondamentale per una serie di processi biologici. Viene prodotta dalla pelle in risposta all’esposizione solare, ma molte persone, in particolare le donne in gravidanza, non ne assumono quantità sufficienti. I dati indicano che oltre il 25% delle donne in attesa presenta livelli di vitamina D al di sotto delle raccomandazioni, il che può comportare rischi per la salute sia della madre che del bambino.
Nel nuovo studio condotto dai ricercatori della Penn State University, sono stati analizzati i livelli di vitamina D nel sangue di 351 donne incinte nel primo trimestre. I risultati hanno mostrato che circa il 20% delle partecipanti aveva livelli inferiori a 50 nmol/L, considerati inadeguati e indicativi di carenza. Questo dato mette in luce la necessità di monitorare attentamente lo stato della vitamina D nelle donne in gravidanza, per garantire una salute ottimale sia per la madre che per il feto.
Impatto sulla crescita fetale e sul rischio di parto prematuro
L’analisi ha rivelato che ogni incremento di 10 nmol/L nei livelli di vitamina D durante il primo trimestre era correlato a un aumento della lunghezza del feto, suggerendo un effetto positivo sulla crescita. Tuttavia, non sono state riscontrate associazioni significative riguardo al peso o alla circonferenza cranica alla nascita.
Un aspetto particolarmente significativo riguarda il rischio di parto prematuro, definito come la nascita prima della 37ª settimana di gestazione. Le donne con livelli di vitamina D inferiori a 40 nmol/L nel primo trimestre presentavano un rischio di parto prematuro 4,35 volte superiore rispetto a quelle con livelli pari o superiori a 80 nmol/L. Al contrario, i livelli di vitamina D misurati nel secondo trimestre non hanno mostrato un impatto significativo sugli esiti della gravidanza.
Considerazioni sullo studio e suggerimenti pratici
Alison Gernand, coautrice dello studio e docente associata di scienze nutrizionali, ha sottolineato l’importanza di monitorare precocemente i livelli di vitamina D nelle donne in gravidanza. “Non possiamo dare per scontato che tutte le donne siano carenti, ma è un aspetto nutrizionale che dovrebbe essere preso in considerazione già prima del concepimento”, ha affermato. Celeste Beck, autrice principale della ricerca, ha evidenziato che i risultati suggeriscono un ruolo cruciale della vitamina D nello sviluppo fetale fin dalle prime settimane di gestazione. Nonostante ciò, la limitata quantità di parti prematuri inclusi nello studio richiede ulteriori indagini per confermare questi dati.
L’assunzione di vitamina D potrebbe rivelarsi un elemento chiave per la salute del neonato, in particolare nella prevenzione del parto prematuro. Gli esperti consigliano alle future mamme di discutere con il proprio medico la possibilità di integrare questa vitamina, tenendo conto di dieta, stile di vita e esposizione solare. È fondamentale ricordare che qualsiasi integrazione deve essere concordata con un professionista della salute, poiché, come indicato dall’Agenzia italiana del Farmaco, un sovradosaggio di vitamina D durante i primi sei mesi di gravidanza può comportare rischi per il feto.