Angelo Carfì, Uoc Continuità assistenziale Policlinico Gemelli, Francesco Landi, docente di Medicina interna e geriatria all’Università Cattolica, e Roberto Bernabei, ordinario Medicina interna e geriatria all’Università Cattolica e direttore Dipartimento Scienze dell’invecchiamento, neurologiche e della testa–collo del Policlinico Gemelli, sono gli autori di questo studio che è stato condotto al Hospital post-Covid della Fondazione Policlinico Gemelli, analizzando casi a partire dal 21 aprile 2020.
A distanza di 2 mesi dalla diagnosi di Covid-19, solo 1 paziente su 10 non presentava sintomi collegabili alla malattia. L’87% notava almeno un sintomo, come stanchezza intensa (53,1%) e affanno (43,4%). Il 27,3% aveva male alle articolazioni e 1 su 5 dolore toracico. Francesco Landi, responsabile del Day Hospital post-Covid, spiega:
Il messaggio importante è che tutti i pazienti che hanno avuto Covid-19 e soprattutto quelli colpiti dalle forme più gravi, che hanno richiesto un ricovero in rianimazione o che hanno avuto bisogno di ossigenoterapia, devono essere sottoposti a controlli multi-organo nel tempo. Inoltre devono essere valutati attentamente rispetto alla persistenza di alcuni sintomi. Questo perché – sottolinea – siamo di fronte a una malattia nuova, sconosciuta ed è quindi importante cercare di individuare gli eventuali danni a breve o a lungo termine.
L’esperto sottolinea che “la maggior parte dei pazienti non presenta quei danni d’organo che temevano a livello di polmoni, occhi, cuore, fegato“. Ma permangono i sintomi della malattia, come la stanchezza. Per tutti questi pazienti è necessario un programma di rieducazione con ginnastica, educazione alimentare e tutto ciò che fa parte del progetto Sprintt (Sarcopenia and Physical Railty IN older people: multi-componenT Treatment strategies), progetto europeo per contrastare la disabilità negli anziani. E che si è rivelato utile con i pazienti guariti da Covid-19.
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Via | Adnkronos