Benessereblog Salute Malattie Conseguenze del Coronavirus: fibrosi polmonare nei casi gravi, chi è a rischio?

Conseguenze del Coronavirus: fibrosi polmonare nei casi gravi, chi è a rischio?

Fibrosi polmonare come conseguenza del Coronavirus nei soggetti gravi: chi rischia di più?

Conseguenze del Coronavirus: fibrosi polmonare nei casi gravi, chi è a rischio?

Una delle conseguenze più gravi del Coronavirus, per chi ha contratto una forma grave di infezione da Covid-19, è la fibrosi polmonare. Secondo uno studio condotto dall’ospedale Figlie di San Camillo di Cremona e pubblicato sulla rivista internazionale Journal of infections disease, infatti, nel 25% dei casi più gravi della nuova malattia da Coronavirus si registra questo disturbo a carico dei polmoni. Una persona su quattro che sopravvive all’infezione avrà danni permanenti ai polmoni.

Lo studio di tipo osservazionale è stato condotto su 90 pazienti, il 75% dei quali di sesso maschile. Dopo una Tac eseguita al ricovero in ospedale e risalente al mese di marzo, ne è stata eseguita dopo otto settimane una seconda. E un’altra quando dimessi dalla struttura sanitaria. Il dottore Maurizio Marvisi, pneumologo e coordinatore dello studio e del team, composto da Sara Ramponi, Chiara Mancini e Laura Balzarini, spiega che tutti avevano una polmonite da Covid bilaterale e i casi gravi sono stati sottoposti a ossigeno o a ventilazione meccanica non invasiva.

Le persone maggiormente a rischio di fibrosi polmonare, tra quelle osservate nello studio, sono i fumatori, gli uomini, i diabetici e gli ipertesi. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone con più patologie prefresse.

Ogni etnia reagisce in maniera diversa all’infezione: qui si sono studiate le conseguenze del virus sulle popolazioni caucasiche, europee. Ed in questo sta l’originalità dei dati raccolti.

Spiega il pneumologo, che sottolinea come questo studio, realizzato in collaborazione con il primario di Radiologia Francesco Ferrozzi e del dottor Mario Uccelli, sia il primo a livello europeo, visto che gli altri finora a disposizione di scienziati e ricercatori arrivano solo dalla Cina.

Foto di Engin Akyurt da Pixabay

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