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Malattie 2.0: esiste la selfite?

C'è una notizia che circola in rete: la passione eccessiva per i selfie è stata classificata come vera e propria malattia. La realtà, però, è un'altra...

Malattie 2.0: esiste la selfite?

Una volta li chiamavamo autoscatti. Oggi la realtà virtuale ci ha imposto l’uso del termine selfie. Fatto sta che, complici smartphone e altre nuove tecnologie sempre più alla portata di chiunque, l’abitudine di scattarsi fotografie da soli e di pubblicarle sui social network sembra essere diventata una vera e propria mania. La situazione sarebbe arrivata a tal punto da spingere a coniare un nuovo termine per definirla, selfite, parola dietro alla quale sembrerebbe nascondersi una vera e propria malattia.

A definirla tale sarebbero gli esperti dell’American Psychiatric Association, secondo cui la selfite sarebbe un nuovo disturbo mentale che si può presentare con 3 livelli di gravità diversi. Nel primo, definito “borderline”, chi soffre di selfite si scatta almeno 3 selfie al giorno, ma non li pubblica sui social network. Chi soffre di selfite “acuta”, invece, si fotografa almeno 3 volte al giorno e condivide sempre le immagini sui social. Infine, il terzo livello, definito “cronico”, corrisponde alla situazione in cui i selfie diventano vere e proprie ossessioni, il desiderio dell’autoscatto è incontrollabile e le fotografie scattate vengono pubblicate su internet almeno 6 volte al giorno.

Peccato che tutto ciò non sia altro che una bufala. A dare la notizia per primo, lo scorso 31 marzo, sembra essere stato il sito The Adobo Chronicles, che si autodefinisce “best source of unbelievable news” (la miglior fonte di notizie incredibili), ma che in realtà è un sito di satira. L’American Psychiatric Association non ha classificato la selfite come disturbo mentale e nella letteratura medica e scientifica non è presente nessuno studio in cui sia stato analizzato il fenomeno della selfite (potete verificarlo qui e qui).

selfie

Nonostante ciò, la notizia continua a rimbalzare in rete, ripresa anche da siti in lingua italiana (ne trovate un esempio qui) e condivisa sui social network. Se vi capitasse di incontrarla, non credetele e ricordate che anche se la vostra passione per i selfie fosse diventata una vera e propria mania, nessuno psichiatra può ancora definirvi ufficialmente malati.

Attenzione, però, a quando vedete qualcuno esagerare: alcuni esperti avvertono che dietro all’autoscatto eccessivo potrebbe nascondersi un disagio. In occasione dell’XI corso in “Adolescentologia” svoltosi la scorsa primavera a Genova, Teresa de Toni, pediatra dell’Università del capoluogo ligure, ha parlato proprio di selfite spiegando che si tratta di un fenomeno che

riguarda adolescenti alla ricerca della loro identità, impegnati a farsi scatti fotografici fino a 10 ore al giorno per trovare la foto più “appetibile”. Sono ragazzi che non riescono ad essere quello che vogliono.

Secondo voi è sufficiente per definirlo “malattia”?

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Via | The Adobo Chronicles; Ansa

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