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Ti vedi grasso? È colpa di Zuckerberg

La Timeline? Il più crudele degli specchi!

Ti vedi grasso? È colpa di Zuckerberg


Psicologi e psichiatri a volte non sono teneri con i social network: dalla mancanza di autostima alla depressione, non di rado le piattaforme social, Facebook in primis, sono state accusate di creare o acuire un disagio psicologico già esistente.

Stavolta sotto accusa finisce la tanto odiata Timeline, introdotta di recente tra le proteste di migliaia di utenti che non l’hanno accolta con favore. Il diario virtuale ci consente e permette ai nostri contatti di fare un salto indietro nel tempo e vedere cosa pubblicavamo mesi prima, quali emozioni trasparivano dai nostri status, chi e cosa scriveva sulla nostra bacheca. E a volte, diciamolo, ci mette anche davanti alle amicizie ed alle storie d’amore finite.

Ma dal Center for Eating Disorders di Sheppard Pratt nel Maryland ce l’hanno con la Timeline per un’altra ragione: un recente studio condotto su un campione di 600 utenti Facebook, di età compresa tra i 16 ed i 40 anni, ha infatti scoperto che oltre la metà, da quando è iscritta al social network, è più consapevole del suo peso e della sua forma fisica.

Con la Timeline, inoltre, spiega a Technewsdaily Steven Crawford, direttore del centro, è più facile paragonare la nostra forma attuale a quella di cinque anni prima. Facebook è uno specchio ancora più crudele, insomma. Tanto che molti si sottopongono a diete troppo rigide proprio spinti dallo sconforto che provano osservando le foto di contatti più in forma o le proprie, scattate in passato.

Un terzo delle persone interpellate ha riferito di sentirsi triste quando si paragonava ad amici più magri ed il 44% desiderava una forma fisica invidiabile come quella di uno dei suoi contatti. Ovviamente, spiega Crawford, l’invidia su Facebook non sempre sfocia in patologie e diventa incontrollabile. Se ci si accorge di trascorrere troppo tempo a fare paragoni, spiega l’esperto, è bene però sloggarsi al più presto per evitare di cadere in depressione o di fare scelte azzardate sulla spinta dell’emotività.

Foto | Flickr

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