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Come reagiamo all’ansia da prestazione?

Ecco come la nostra mente ci difende dall'ansia da prestazione.

Come reagiamo all’ansia da prestazione?


Quando siamo agitati e sopraffatti dall’ansia, la nostra mente adotta, più o meno inconsciamente, delle strategie difensive per placare i sintomi del turbamento e minimizzare l’impatto dello stress sul nostro equilibrio psicofisico. Generalmente questi meccanismi non risolvono il problema alla radice, perché sono semplicemente reazioni che placano o esternano temporaneamente gli effetti delle nostre paure, ma non le cause scatenanti.

Alcune strategie difensive per reagire allo stress causato dall’ansia da prestazione possono anzi spostare la nostra tensione in un punto del corpo preciso. Pensiamo, ad esempio, quando prima di un colloquio di lavoro o di un esame, l’ansia ci sembra concentrata tutta in un dolore allo stomaco piuttosto che in una fitta lancinante al fianco o in un’emicrania. In quel caso stiamo somatizzando le nostre ansie, spostando quella che è una tensione emotiva sul piano fisico.

L’ansia diventa tangibile ed esercita una pressione più fisica che psichica. La somatizzazione è la strategia difensiva più devastante. Altro meccanismo di difesa, più soft, che la nostra mente mette in campo quando siamo ansiosi è distrarsi concentrandosi su altri pensieri, fantasticando ed evitando di rimuginare su quello che ci angoscia, anche se è sempre lì, in un angolo, pronto ad esplodere non appena la mente è nuovamente sgombra.

A volte invece tentiamo di razionalizzare quello che proviamo, cercando una giustificazione plausibile, quasi una scusa, alle emozioni che ci stanno travolgendo. Esempio: “Sono particolarmente teso in vista di questo esame perché in commissione c’è un docente che mette a disagio gli studenti”. Sempre facendo ricorso alla nostra razionalità, cerchiamo di minimizzare mettendo a tacere la nostra ansia e reputandola immotivata. In breve, ci autorassicuriamo: non c’è nulla da temere e niente di cui preoccuparci.

Altra reazione è desiderare di possedere le capacità di qualcun altro per superare l’ostacolo. Se la nostra autostima è a livelli bassi, è probabile che penseremo di non avere le medesime chance di chi ci appare calmo e controllato. In realtà, l’autocontrollo non sempre corrisponde ad una preparazione adeguata. Quante volte, ad un esame, vi sarà capitato di notare impassibilità sul viso di un collega che non aveva studiato granché, mentre una persona più preparata era nel panico più totale.

Questo si spiega con le diverse aspettative create da un differente grado di coinvolgimento. Proprio chi ha investito più tempo e maggiori energie nella preparazione di un esame piuttosto che di un discorso o di una relazione, ha l’ansia di dimostrare il sacrificio compiuto e di raggiungere il risultato agognato. Diversamente, le aspettative di chi non ha impiegato tante energie saranno nettamente più basse e l’ansia da prestazione inferiore.

Poi c’è chi cerca di attenuare l’ansia usando il senso dello humour. Ci chiediamo spesso come fanno alcune persone a scherzare ed a fare battute divertenti nei momenti di tensione. In realtà è una strategia della mente per non percepire il peso dell’angoscia.

Infine, si può reagire all’ansia facendo finta che non esista, scacciando completamente i pensieri angoscianti dalla mente non appena fanno capolino. Possiamo osservare questa strategia nelle persone che fingono indifferenza di fronte ad un ostacolo. E voi, come reagite nell’immediato all’ansia da prestazione?

Foto | Flickr

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