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Sindrome di Down, un esame del sangue per la diagnosi precoce in gravidanza

Un nuovo test che si effettua da un semplice prelievo di sangue per verificare l'anomalia cromosomica della Sindrome di Down già alla decima settimana di gravidanza.

Sindrome di Down, un esame del sangue per la diagnosi precoce in gravidanza

Buone notizie per le donne incinte: secondo quanto apparso sulla rivista Ultrasound in Obstetrics & Gynecology, sarebbe stato messo a punto un nuovo test per la diagnosi precoce della Sindrome di Down, da effettuare durante la gravidanza con un semplice esame del sangue.

A differenza del controllo classico, denominato Bi-Test, che si effettua tra l’undicesima e la tredicesima settimana di gestazione e consiste nella combinazione tra l’esame ecografico della translucenza nucale e l’analisi del sangue materno, per poi procedere ad un’eventuale amniocentesi in caso di risultato positivo, questo nuovo test si basa su una diagnosi ancora più precoce e veloce: può essere effettuato già a partire dalla decima settimana di gravidanza e raccoglie i risultati dello screening del DNA fetale che si trova nel sangue materno, da raccogliere con un semplice e quasi indolore prelievo, come in una normale analisi del sangue.

Attualmente, infatti, al fine di diagnosticare precocemente la presenza o meno di anomalie genetiche è possibile sottoporsi a test non invasivi già a partire dalla fine del primo trimestre di gravidanza, per verificare il corretto spessore del plico nucale e il “triplo test” o “tri-test”, che consiste nel prelievo di sangue dalla madre per verificare le quantità di tre sostanze prodotte in parte dalla placenta ed in parte dal fegato del feto: l’alfafetoproteina, l’estriolo non coniugato e la beta-gonadotropina corionica.

Solitamente, dato che i risultati dei test non invasivi esprimono una probabilità di presenza dell’alterazione genetica, esistono casi in cui sia necessario approfondire le analisi ricorrendo ad ulteriori esami, di natura invasiva, tra cui amniocentesi, ovvero il prelievo di un campione liquido amniotico, villocentesi, il prelievo dei villi coriali e il prelievo di un campione di sangue dal cordone ombelicale: ma sono esami di natura invasiva con una percentuale di rischio, seppur ridotta, di aborto o danneggiamento del feto, da effettuare solo in casi estremi.

Questo nuovo test potrebbe significare un grosso passo avanti per le diagnosi di malattie genetiche dovute ad alterazioni cromosomiche come la Sindrome di Down, un’anomalia genetica non ereditaria caratterizzata dalla presenza di 47 cromosomi anziché 46 nel nucleo delle cellule del portatore. Visto che la probabilità di riscontrare questa alterazione genetica nel feto è maggiore all’aumentare dell’età della madre, le donne avanti negli anni che scelgano di sostenere una gravidanza possono avere maggiori sicurezze sulla salute del feto grazie alle innovazioni mediche.

Via | Ansa

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