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Alzheimer, le analisi del sangue per prevederne lo sviluppo

Uno studio italiano ha misurato le concentrazioni plasmatiche di rame nel sangue di soggetti a rischio: potrebbe aiutare a prevedere lo sviluppo della malattia neurodegenerativa.

Alzheimer, le analisi del sangue per prevederne lo sviluppo

La ricerca contro l’Alzheimer porta anche  la firma italiana: un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica del Policlinico A. Gemelli di Roma e dell’Ospedale Fatebenefratelli, congiunti all’IRCCS (Istituto Centro San Giovanni di Dio) Fatebenefratelli di Brescia, ha portato avanti e sviluppato un particolare esame del sangue: misurando la concentrazione plasmatica di un elemento, il rame, nel sangue dei soggetti a rischio, potrebbe aiutare a far prevedere una possibile comparsa e decorso dell’Alzheimer, la malattia neurodegenerativa che negli ultimi anni interessa sempre più di frequente moltissimi soggetti: si calcola addirittura che sia una delle forme più diffuse di demenza senile.

Questo particolare esame del sangue misura la quota di rame definito come “rame non-ceruloplasminico”, ovvero che si muove liberamente e raggiunge piu’ facilmente il cervello. E’ uno studio tutto made in Italy: la sperimentazione è stata portata avanti per quattro anni su un gruppo di 141 soggetti che presentavano un alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer perché già colpiti dal un disturbo della memoria che molto spesso viene considerato uno dei primi sintomi di questo tipo di demenza senile, il “lieve declino cognitivo“. In questi quattro anni è stavo misurato come, a parità di declino cognitivo nei momenti del prelievo e dell’analisi del sangue, alcuni individui mostrassero concentrazioni plasmatiche di rame libero superiori alla soglia massima dei soggetti sani.

Paolo Maria Rossini, il direttore sell’Istituto di Neurologia del Policlinico Gemelli di Roma, ha così commentato i risultati dello studio:

Pensiamo che in circa il 60 per cento dei casi di Alzheimer il rame svolga un ruolo significativo nei processi patologici alla base della malattia.

Rosanna Squitti della Fondazione Fatebenefratelli, che ha condotto la ricerca, ha precisato alcuni punti dello studio e dell’analisi svolta dai ricercatori del team italiano:

Il rame arriva nel cervello e qui potrebbe reagire con i frammenti di beta-amiloide provocando stress ossidativo e rendendo quei frammenti tossici, come gia’ peraltro dimostrato da molti studi su modelli animali.

Il prossimo obiettivo di questo studio italiano, che indaga sull’Alzheimer in modo simile rispetto ad uno studio americano che misura determinate concentrazioni di lipidi nel sangue, è quello di riuscire a verificare nel giro di due anni se diminuendo le concentrazioni di rame non-ceruloplasminico nel sangue dei soggetti attraverso interventi mirati, che possono essere regimi dietetici ad hoc e strategie particolari, si possa ridurre di conseguenza la probabilità di sviluppare l’Alzheimer.

Via | AGI

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